domenica 8 marzo 2015

A Passo d’Uomo: camminando in Valconca, tra i suoi santi e i suoi fiumi

Oggi, domenica 8 marzo, ho festeggiato la Festa della Donna con una bella camminata in compagnia degli amici di A Passo d’Uomo.

Una camminata dedicata ai luoghi del neo-canonizzato Sant’Amato Ronconi, alla scoperta del ‘miracolo del mantello’ tra i paesaggi campestri sul fiume Conca e il Rio Ventena a Morciano di Romagna.

Sant' Amato Ronconi Terziario francescano

8 maggio

Saludecio (Rimini), sec. XIII - † 1300 ca.

Amato Ronconi nacque a Saludecio da una ricca famiglia verso il 1225. Rimasto presto orfano, trascorse la sua giovinezza con la famiglia del fratello Giacomo. Deciso a vivere secondo il Vangelo si dedicò in un primo tempo all'accoglienza dei poveri e dei pellegrini costruendo per loro un ospizio sul Monte Orciale. Donate poi tutte le sue sostanze ai poveri si ritirò ad una vita di rigorosissima penitenza. Compì ben quattro pellegrinaggi alla tomba dell'apostolo Giacomo a Compostella. Morì nel 1292 all'età di sessantasei anni. Papa Pio VI ne confermò il culto nel 1776. Il 9 ottobre 2013 Papa Francesco ha riconosciuto le virtù eroiche del Beato Amato e lo ha infine canonizzato il 23 novembre 2014.

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Curiosi di sapere in cosa consiste il “miracolo del mantello”?

Si narra che, sorpreso da un’improvvisa piena mentre attraversava il “rapax” Conca, distese il mantello e inginocchiatesi attraversò il fiume senza bagnarsi.

E’ spiegato molto bene in questo articolo de Il Ponte (il settimana cattolico della provincia di Rimini)…

Questo è un periodo di piogge e di frane e di esondazioni. Un periodo drammatico in cui i fiumi e le colline vengono guardati col sospetto e col timore con cui, piuttosto, dovremmo guardare alle opere dell’uomo, sempre più irrispettoso delle regole della natura.
Le recenti alluvioni e la recentissima canonizzazione del beato Amato di Saludecio mi hanno fatto venire in mente uno dei molti miracoli riferiti a questo nuovo santo; un miracolo ora poco noto, ma fino a un secolo fa uno dei più ricordati perché toccava da vicino la vita di molti abitanti del nostro territorio.
Ne è stato in un certo senso “protagonista” il fiume Conca, oggi ridotto a innocuo corso d’acqua, ma fino a non molti decenni fa torrentaccio pericoloso per le sue piene imprevedibili. Non a caso il poeta latino Lucano l’aveva definito Crustumium rapax. “Rapinava” campi, razziava animali, inghiottiva paesi: come è ben noto, la Morciano del Medioevo non c’è più proprio a causa sua.
Nella bassa valle aveva un letto ghiaioso larghissimo (fino a 600 metri, scriveva l’ingegner Emilio Rossetti nel 1894) che comportava un attraversamento lento e cauto anche quando l’acqua era scarsa. Non c’erano ponti nell’entroterra: quello di Morciano è molto recente, del 1870. Le piene del Conca, che naturalmente dipendevano dalle precipitazioni atmosferiche sulle montagne marchigiane, erano imprevedibili e paurose, accompagnate da un rombo cupo che alcuni anziani ricordano ancora mentre raccontano di alberi sradicati e di carogne di animali trascinate da una corrente incredibilmente impetuosa e vorticosa. Anche gli uomini talvolta ne erano vittime, perché non era raro che qualcuno, trovandosi nel letto sassoso del fiume, non riuscisse a sfuggire alla massa d’acqua di una piena improvvisa.
È stato il caso di Amato da Saludecio sul finire del XIII secolo. Tornando da uno dei suoi pellegrinaggi compiuti nei santuari riminesi, fu sorpreso appunto da una piena mentre attraversava il Conca all’altezza di Morciano, dove la Flaminia minor, o via Regina, attraversava il fiume e dove esisteva il guado più facile e più frequentato. Così raccontano il fatto i suoi più antichi biografi: «…trovandosi in mezzo del fiume detto Conca per passarlo, fu (come spesse fiate suol avvenire) sopraggiunto da una grandissima piena, per la quale, non potendo uscire da banda veruna, e vedendosi in grande pericolo, subito ricorse al divino aiuto. E… distese il mantello sopra l’acqua, e, sopra quello inginocchiatosi, passò all’altra ripa sano e salvo, senza pur si bagnasse esso mantello…».
Da quando il ponte ha sostituito il guado, attraversare il fiume non è stato più un problema, e dunque questo miracolo fu meno considerato di altri, e quasi dimenticato da quando la portata del fiume è divenuta scarsa, perché gran parte della sua acqua viene dirottata nel pesarese. Invece in antico il fatto veniva spesso ricordato e sottolineato, come dimostra l’iconografia: infatti i dipinti, i rilievi e soprattutto le incisioni devozionali frequentemente raffigurano il santo orante inginocchiato sul mantello al centro del fiume, o sospeso “in gloria” sul fiume. Ora, in occasione della canonizzazione del santo pellegrino, a Morciano, vicino all’ottocentesco ponte sul Conca e ad una antica fontana, l’Amministrazione Comunale e la Parrocchia hanno provveduto a collocare una “memoria” di questo miracolo antico e solo apparentemente non più attuale; per ricordare il santo, per ammonire alla prudenza, per ricordare la forza della natura. Che va rispettata e custodita non certo per un fatto solo estetico. Anche l’autorevole voce del Papa si è levata recentemente (nel suo discorso alla Conferenza internazionale sulla nutrizione, Roma 20 novembre 2014) a ricordarci il dovere di «custodire la sorella terra, la madre terra, affinché non risponda con la distruzione» e a ricordarci che «Dio perdona sempre; gli uomini a volte; la terra non perdona mai».
Pier Giorgio Pasini

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Il tempo ci ha deliziato con una splendida giornata di tiepido sole primaverile, è stata proprio una bella camminata!

E siccome io fotografo fotografo e mi ritrovo sempre dietro all’obiettivo, ringrazio il mio amico Massimo per questa bella foto ;-).

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Alla prossima, ciao ciao.

1 commento:

Sonia ha detto...

Che meraviglia e che belle emozioni! Brava Simo!!!